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ECOMUSEO DEL LITORALE ROMANO

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STORIA DELLA PORTUALITA'

IL DELTA TIBERINO E ROMA

 

Le fonti antiche sono concordi nell’affermare che Anco Marzio, quarto re di Roma, intraprese, intorno alla metà del VII secolo a.C. una spedizione alle foci del Tevere, dove si impossessò delle saline che i Veienti tenevano sulla riva destra del fiume, impiantò nuove saline sulla riva sinistra, e fondò la Colonia di Ostia. Nella spedizione che fu una delle prime imprese  guerresche dei romani, vennero occupate Tellene, Politorium e Ficana, centri ubicati tra Roma e il Litorale.

 

Alla fine del II secolo il “quaestor ostiensis”, carica militare nata per sovrintendere la flotta di guerra, si occupava ormai esclusavemnte delle importazioni di grano. E’ il segno della avvenuta trasformazione di Ostia da base militare a scalo mercantile per l’approvvigionamento di Roma, le cui crescenti necessità porteranno alla crisi della portualità fluviale già alla fine della repubblica. Da Strabone, Quintiliano, Dione Cassio, Dionigi di Alicarnasso ci giungono notizie sulla difficile agibilità del porto di Ostia, dove gli insabbiamenti o il cattivo tempo costringevano le grandi navi ad attendere all’ancora, in mare aperto, per essere scaricate da navi più piccole (caudicarie) adatte al traffico lungo il fiume. Ricorrenti penurie di grano si erano verificate per l’inabilità di Ostia e esenzioni, premi e rifusione dei danni venivano concesse agli armatori che rischiavano la navigazione anche nei periodi invernali.

IL PORTO DI CLAUDIO

 

Per lo spunto di una occasionale disavventura accorsagli nel porto di Ostia, ma soprattutto per le preoccupazioni di approviggionare Roma, l'imperatore Claudio decise e iniziò nel 42 d.C., la costruzione di un grande porto artificiale alla foce del Tevere, nonostante l'avversione del Senato per l'enormità della spesa e il parere contrario degli architetti per le difficoltà ambientali. Consapevoli della difficoltà di realizzazione di un porto artificiale alla foce del Tevere, ingegneri romani ubicarono un bacino in corrispondenza di una insenatura naturale, probabile relitto di un'antica foce del fiume  3,5 km a nord di Ostia.
L'invaso fu ricavato con l'imponente scavo della terraferma, utilizzando il materiale di risulta per formare due terrapieni artificiali ad ovest e ad est del bacino; lo specchio d'acqua risultante, profondo 4/5 m circa e dalla superficie di 900.000 mq aveva l'imboccatura orientata a nord, direzione favorevole all'entrata con i venti di buon tempo, che venne protetta con un molo foraneo costruito in parte in blocchi di travertino legati da grappe metalliche e in parte in conglomerato. Il molo foraneo, che innestava la sua radice nel terrapieno ovest, includeva al centro un isolotto con il faro basato sul relitto riempito di conglomerato della grande imbarcazione utilizzata  da Caligola una sola volta per il trasporto dall'Egitto dell'obelisco Vaticano.
Con dimensioni in asse di circa 1100 m il bacino poteva ospitare, ormeggiate in prima fila, oltre 250 navi. L'opera era completata da tre canali (fossae) derivati dal Tevere, con funzione di collegamento interno con i magazzini di Ostia e di Roma-Marmorata. Intorno al bacino erano sistemati magazzini e servizi portuali, il tutto gravitante sulla vicina città di Ostia.

 

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IL PORTO DI TRAIANO

 

Con Traiano (98-117 d.C.) l'impero di Roma raggiunge la sua massima espansione territoriale e stabilità interna. Insigne per le imprese militari, Traiano eccelse anche per i programmi di opere pubbliche in tutto l'impero, finanziati con i bottini delle guerre di conquista. Per la grande importanza economica raggiunta dal traffico marittimo che interessava tutto il bacino mediterraneo, divenuto mare di Roma, particolare attenzione fu posta da Traiano ai problemi portuali, in particolare quelli riguardanti la capitale dell'impero.

In quest'ottica rientra la costruzione del porto di Centumcellae (Civitavecchia) e soprattutto il potenziamento del porto artificiale di Claudio alle foci del Tevere.

Iniziato nel 106 d.C. il nuovo bacino, interamente scavato nella terra ferma, utilizzava, modificandole, alcune strutture del porto claudiano, che aveva mostrato limiti di funzionalità.

Con il completamento del "Portus Ostiensis", Roma aveva finalmente un complesso adeguato alle sue esigenze.

La costruzione del porto di Traiano ridusse infatti pesantemente l'attività di Pozzuoli, tradizionale scalo di Roma, come si deduce da una lettera dei mercanti asiatici lì residenti, che lamentano la loro rovina chiedendo aiuto ai loro compatrioti di Roma e Porto. Elemento principale della ristrutturazione Traianea fu il bacino esagonale di lato pari a 358 m. diagonale 716 m. per una superficie complessiva di 330.000 mq. Le banchine separate dai retrostanti magazzini, all'uopo edificati, da una cinta daziaria, sviluppavano 2000 m lineari per permettere l'ormeggio in prima fila di 200 navi circa.

Un canale lungo 500m. collegava il bacino esagonale al bacino di Claudio, con interposta darsena di 240 m. circa per 45 m. destinata alle piccole navi per il traffico fluviale (caudicarie). Un canale traverso di 330 m. per 25m . metteva in comunicazione l'esagono con la preesistente fossa artificiale di Claudio, derivata dal Tevere.

Modificato nella parte terminale verso il mare, banchinato per fungere da porto fluviuale, il canale assunse il nome di "fossa traianea" (oggi canale di Fiumicino). Arrichito nei servizi e nella parte abitata dagli imperatori successivi fino alla tarda romanità, il complesso portuale di Claudio e Traiano funzionò per circa 800 anni.

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IL LITORALE SOTTO IL POTERE DEI PAPI

 

Secondo le tesi di storici modermi la fine del mondo antico coincide con la rottura dell'unità economica del bacino del mediterraneo operata dagli arabi nel IX secolo d.C.

Il territorio litoraneo di Roma rimase  esposto in quell'epoca alla minaccia dei saraceni che vi operarono sanguinose scorrerie: particolarmente cruenta quella dell'846 d.C. quando risalito il Tevere gli arabi saccheggiarono San Pietro in Vaticano e San Paolo Ostiense e quella del 1876 che mise a ferro e fuoco la campagna romana.

A difesa del litorale sorse nell'845, sulla sponda ostiense, il borgo fortificato di Gregoriopoli (odierna Ostia Antica) per opera di Gregorio IV, mentre nell'852 Leone IV tentava un effimero ripopolamento di Porto con una colonia di Corsi. A questo periodo risale il progressivo abbandono del porto artificiale di Traiano ed il trasferimento, fino alla fine del '500, della modesta navigazione fluviale di Roma sul ramo naturale del Tevere, anche se l'agibilità della fossa traianea in alternativa alla foce naturale è documentata dalla fuga di Papa Gelasio II dalla foce Portuense nel 1118.

 

La ribellione di Porto all'imperatore bizantino Leone III e la sottomissione della residua popolazione del luogo alla protezione papale fu uno degli episodi della guerra iconoclasta che, nella prima metà del secolo VIII,  determinò, con il distacco della provincia italiana dell'impero di oriente, le premesse della nascita del potere temporale della Chiesa che durerà per unidici secoli fino al 1870.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Navigazione fluviale dal IX secolo al XVI secolo

Scarse sono le notizie riguardanti la navigazione fluviale fino al XVI secolo, a partire dal IX secolo, periodo in cui, ormai abbandonato l'antico canale artificiale di Traiano, iniziò il riutilizzo del ramo naturale del Tevere come terminale marittimo di Roma.

I pochi documenti tramandano di Ostia solo arrivi e partenze, visite e fughe di pontefici e personaggi di rango, nonché notizie di un modesto traffico mercantile alimentato dalle foreste e dalle saline costiere (legna da ardere, da costruzione e di sale).

Prevalente rispetto alla funzione mercantile delle foci del Tevere fu quella di avamposto di avvistamento di difesa soprattutto contro le scorrerie saracene piratesche, perché, dal punto di vista propriamente militare si registrano sul litorale romano solo due rilevanti fatti d'arme: la battaglia di Ostia nel 849, che vide la sconfitta di una flotta araba da parte delle flotte riunite di Napoli, Amalfi e Gaeta; e lo scontro con le truppe imperiali di Spagna comandate dal Duca d'Alba e le truppe papali di Paolo IV guidati dai Caraffa, nipoti del Papa (1556).

D'altro canto, dall'esercizio di atti di pirateria non dovevano andare esenti neppure gli abitanti della zona come testimonia sia l'impiccagione del pirata Martino degli Stefaneschi, signori di Porto  dall' XI al XIV secolo, fatta eseguire nel 1350 da Cola di Rienzo, per aver depredato una galea napoletana rifugiata e incagliata nel Tevere, e sia i bandi che vietavano le pretese di regalie e i diritti di ancoraggio esercitato indebitamente dai guardiani delle torri costiere.

 

Ripristino del ramo destro del Tevere alla fine del '500

La grande piena del Tevere che si registrò nel settembre del 1557, tagliando il grande meandro Ostiense situato nel corso terminale del fiume, alterò sensibilmente l'equilibrio del territorio litoraneo. A seguito di quell'evento veniva meno la funzione difensiva della rocca di Ostia, che diventava inservibile, collegata com' era sulla sponda del meandro fluviale ormai inattivo; nello stesso tempo risultava pregiudicata la navigabilità del ramo naturale del Tevere a causa delle ostruzioni createsi con la formazione del nuovo alveo.

Se alla funzione difensiva e di controllo fluviale si provvede con l'edificazione di una nuova installazione militare sulla foce del fiume, la torre San Michele, fatta costruire nel 1560 da Papa Pio IV, al venir meno della navigabilità fluviale del mare a Roma si rimediò con il restauro dell'antico canale artificiale di Traiano, o ramo destro del Tevere, inattivo da circa 600 anni. Al 1583 risale il primo restauro di questo canale, allorachè papa Gregorio XIII dava incarico a Giovanni Fontana di arginarne le sponde con le prime passonate, che una successiva piena, nel 1958, doveva danneggiare e rendere inseervibili.

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La battaglia di Ostia di Raffaello Sanzio presso il Vaticano. L'affresco fa riferimento alla battaglia che si svolse a Ostia nell'849, quando le galee dei ducati di Napoli, Amalfi, Gaeta e Sorrento, al comando del Console Cesario, figlio di Sergio I duca di Napoli, venute in soccorso di papa Leone IV, attaccarono vittoriosamente la flotta saracena che aveva in animo di risalire il Tevere per invadere, saccheggiare e devastare Roma.

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Paolo V e la "Costitutio super novi alvei et palificate Fiumicino"

Il definitivo ripristino del ramo destro del Tevere o fosso Traiana si realizzò per il volere di Papa Paolo V che, nel 1613, fece ricostruire da Carlo Moderno le palizzate del canale e istituire un posto di dogana a Capo Due Rami, confluenza dei due bracci, naturale e artificiale, del fiume.
L' opera non era certo dovuta ad un capriccio del pontefice, ma era dettata dalla necessità di assicurare l'approvvigionamento del grano alla crescente popolazione di Roma.

A testimoniare dell'importanza che la via fluviale andava di nuovo acquistando per la città stanno i numerosi editti  e bandi che a partire dei primi del Seicento riguardano il canale di Fiumicino. Editti per la conservazione delle passonate con divieti di asportazione di chiodi dalle stesse, di accensione di fuochi sulle rive, bandi per l'aggiunta di nuove palificazioni, per gli appalti delle cave di materiale, eccetera.

Per la conservazione delle palificate di Fiumicino veniva imposta una tassa di Giuli 1,50 su ogni botte di vino importato a Roma.

 

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Il territorio Portuense dal '500 al '700

Di portata molto modesta furono gli interventi che si effettuarono sul territorio Portuense dalla fine del '500, epoca della riattivazione del canale artificiale di Fiumicino.

Nel 1579 venne restaurata la torre campanaria della chiesa di Sant'Ippolito sull'Isola Sacra, mentre un secolo dopo , nel 1690 il cardinale Flavio Chigi fece ampliare ed abbellire la cattedrale di Porto, costruire la cappella di Sant'Erasmo, patrono dei marinai, un'osteria e un fienile.

Nel 1703 veniva costruita sull'Isola Sacra la Chiesa del Crocifisso, mentre nel 1765 veniva edificato, sempre sull'Isola Sacra, il palazzo Primoli Giraud (Villa Guglielmi) detto Castello del Papa.

Il problema della navigabilità del Tevere veniva ripreso dall'ingegnere idraulico olandese Cornelius Mayer nel 1685 con la proposta di abbandonare l'ultimo tratto del Tevere ai fini della navigabilità che, nella sua ipotesi, avrebbe dovuto essere spostata su un canale navigabile derivato del Tevere all'altezza della Magliana, canale facente capo, attraverso la palude di Campo Merlo, allo stagno di Maccarese trasformato in vere proprio bacino portuale costiero.
Concrete realizzazioni inerenti le strutture portuali di Roma furono la sistemazione del porto di Ripagrande voluto del 692 da Innocenzo XII come terminale cittadino della navigazione marittima, e il porto di Ripetta, terminale della navigazione interna dell'alto corso del Tevere, fatto costruire nel 703 da Clemente XI.

1800: la nascita del borgo marinaro di Fiumicino

Agli inizi dell'800 sulla sponda Portuense nel tratto del canale di Fiumicino sorgevano solo alcune capanne di pescatori e tre torri costiere di epoche successive, costruite ma mano che il mare arretrava: la torre Nicolina o Diruta edificata da Nicolò V nel 1450, l' Alessandrina costruita da Alessandro VII nel 1662 sede della dogana e, più prossima al mare, la torre Clementina fatto edificare da Clemente XIV nel 1773.
Già in disfacimento e preda al malgoverno, lo Stato pontificio avvertiva pur tuttavia il sopraggiungere di tempi nuovi: si ridestava anche l'attenzione per la navigazione fluviale, ancora attiva, alla luce delle necessità crescenti di Roma e dei progressi che faceva intravedere la nascente navigazione a vapore.
Tra il 1823 e il 1828, per interessamento del Tesoriere Camerale Belisario Cristaldi, nasceva il borgo marinaro di Fiumicino sul progetto non completamente realizzato di Giuseppe Valadier. Il borgo costruito con molto materiale recuperato dall'antica città di Porto, comprendeva una chiesa, una dogana, un ufficio postale, una fabbrica per la sanità, un albergo, molto osterie e una fila di palazzi di abitazione, separata dal canale da giardini all'italiana.

Con la borgata si intendeva potenziare la funzionalità portuale dell'imbocco della via d'acqua fluviale tra il mare e Roma. In quel periodo, nel 1852, la tenuta di Porto passava in proprietà dai marchesi Pallavicini ad Alessandro Torlonia.

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Introduzione del rimorchio a vapore a Fiumicino

L' entrata nel canale di Fiumicino costituiva per bastimenti a vela manovra spesso scomoda, talvolta rischiosa o impossibile, al punto tale che molti padroni e capitani rifiutavano viaggi a Fiumicino o chiedevano costi di noleggio più alti. Innumerevoli sono le cronache che riportano incagli e naufragi con vittime umane. La media era di 10 naufragi all'anno.

In condizioni di cattivo tempo, le navi dovevano rimanere al largo in attesa oppure rifugiarsi in altri porti, a meno di non tentare l'ingresso alla fune, operazione difficoltosa a causa dei frangenti e delle barre sabbiose; i rischi nell'eseguirla erano tali che talvolta doveva intervenire la forza pubblica per costringere gli uomini di Fiumicino ad impegnarvisi.  Il tiro alla fune era tuttavia sempre necessario nei casi divento debole o di bonaccia.

La prima proposta di introdurre il rimorchio a vapore nel Tevere fu avanzata da Giovan Battista Rasi nel 1827, ma solo nel 1842 Alessandro Cialdi trasferì tre rimorchiatori a pale, l’Archimede, il Blasco de Garay e il Papin, dei cantieri di costruzione di Londra al porto di Fiumicino, con un viaggio di tre mesi per acque interne della Francia e poi via mare.

Il 22 agosto 1842 i tre rimorchiatori risalivano il Tevere da Fiumicino a Ripagrande ove li attendeva un immenso popolo che fiancheggiava per ben tre miglia alle sponde del fiume.

L'introduzione del rimorchio vapore lungo il Tevere nel 1842 fu accolta con soddisfazione dei comandanti e padroni dei bastimenti di cabotaggio, ma determinò l'opposizione e la rovina dei proprietari delle mandrie di bufali che per secoli avevano rimorchiato le navi dal mare a Roma, dagli addetti al tiro all'imbocco del canale e dagli allevatori che alleggerivano le barche prima dell'entrata a Fiumicino. Ma il progresso non si poteva fermare, il tempo di risalita del fiume con i tre bastimenti a rimorchio si era ridotto da 20 a 9 ore, in una giornata quindi si poteva risalire e discendere il fiume e le manovre nei meandri erano molto più agevoli.
Al servizio furono destinate inizialmente 35 persone che risiedevano a Fiumicino; il lavoro difficile comportava per gli addetti al pilotaggio paghe superiore a quelle correnti della marina pontificia più altre agevolazione come il diritto dal vestiario, la 13ª mensilità, medico e chirurgo in casa e ospedale gratuito. Gli equipaggi furono dipendenti dello Stato pontificio fino al 1862, quando la concessione di rimorchio passa la società privata Welby.

 

 

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L'Italia repubblicana: nasce l'aeroporto Leonardo da Vinci

 

Per far fronte all'aumento del traffico aereo e alle limitate possibilità di sviluppo dell'aeroporto di Ciampino, il governo italiano sin dal 1947 cercò un'area idonea a dotare Roma di un nuovo scalo. Inizialmente furono individuati tre siti: la Magliana Vecchia (nella zona sud-ovest della città), Castel di Decima (nella periferia a sud) e Casal Palocco (più decentrato, lungo la strada per Ostia). La Direzione generale dell'aviazione civile presentò, nel 1952, un nuovo progetto per la costruzione di un aeroporto in un'area limitrofa alla foce del Tevere, con due piste perpendicolari.

Per l'aerostazione, fu scelta una soluzione architettonica che prese elementi dai due progetti presentati: quello di Riccardo Morandi e Andrea Zavitteri (vincitore del concorso) e quello di Amedeo Luccichenti e Vincenzo Monaco (del quale vennero adottate alcune soluzioni). Il progetto definitivo fu approvato nell'agosto del 1958 e i lavori per la costruzione dell'aeroporto durarono 21 mesi.

Durante gli scavi per la costruzione emersero i resti di cinque navi dell'antica Roma. I relitti furono trasferiti nel vicino Museo delle navi romane di Fiumicino, costruito appositamente.

L'aeroporto fu ufficialmente aperto il 15 gennaio 1961, con due piste, e rimpiazzò lo scalo di Ciampino, che rimase in servizio per i voli nazionali e i voli charter. Il primo aereo di linea ad atterrare a Fiumicino, la notte fra il 14 e il 15 gennaio, fu un Lockheed Constellation della TWA; l'aereo proveniva da New York e aveva fatto uno scalo tecnico a Tunisi. Il Leonardo da Vinci aveva comunque già accolto, sin dall'agosto del 1960, alcuni voli charter, per alleviare il traffico aereo che stava congestionando Ciampino durante le Olimpiadi.

Durante gli anni sessanta l'Alitalia investì notevolmente nel nuovo scalo, costruendo hangar e centri di manutenzione per i suoi DC 8. Nel 1973 fu aperta la terza pista (16L/34R) e fu costruito un nuovo hangar per accogliere i Boeing 747. Nello stesso anno, una legge dello Stato conferì la gestione dello scalo alla società Aeroporti di Roma S.p.a. (ADR), che cominciò a operare nel 1974.

 

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